martedì 18 maggio 2010

MONSIEUR MARSEILLE


Il ritorno a casa di Didier Deschamps mi aveva tirato su il morale, il 5 maggio 2009. La delusione per il titolo lasciato al Bordeaux e la separazione da Eric Gerets mi avevano fatto sprofondare nel più totale scoramento. Riaverlo a casa dopo tanti anni ha dato sensazioni bellissime. L'ultimo capitano a festeggiare un titolo di Campione di Francia, il capitano della Coppa dei Campioni, soprattutto!

Da allenatore, due esperienze molto positive, nel Principato e nella Juventus, contesti e sviluppi differenti.

Al suo arrivo, nonostante il caos societario, Didier ha chiesto ed ottenuto pieni poteri in sede tecnica, ha scelto i giocatori, ha proposto lo stile di gioco ai dirigenti indicando quali giocatori sarebbero stati adatti per lanciare la squadra; fortunatamente la dirigenza lo ha assecondato, le sue prime scelte sono arrivate quasi tutte (Gabi Heinze, Diawara, Mbia e soprattutto Lucho Gonzalez) e pian piano ha cominciato il lavoro che ci avrebbe portati, esattamente un anno dopo la sua ufficializzazione, sul trono di Francia.

I primi sei mesi sono stati molto duri. Trovare equilibrio con tanti giocatori nuovi, infondere la "cultura della vittoria", creare il gruppo non è stato facile. Voleva una squadra tosta fisicamente, con una grande personalità, potente e con una ben delineata fisionomia tattica. Ha lavorato tantissimo sugli schemi a palla ferma che alla fine sono stati determinanti.

Il suo carattere forte lo ha aiutato a risolvere alcune questioni interne non semplici (pensiamo ai "casi" Ben Arfa, Valbuena) e la sua esperienza ha consentito a tutti di avere un punto di riferimento credibile.

DD ha protetto la sua "prima scelta", Lucho quando nella prima parte della stagione l'argentino soffriva da morire il ruolo di prescelto, costato 18 milioni di euro. El Comandante, "l'uomo che fa la differenza tra una buona squadra ed una grande squadra" alla fine si è imposto, guidando l'equipe ad una striscia di vittorie stupefacente. DD ha rivoluzionato la difesa, imponendo a Stephane Mbia di giocare centrale (contro la volontà del calciatore, arrivato a Marsiglia per giocare a centrocampo) e ad Heinze di spostarsi a sinistra, alternandosi con Taiwo.

Il titolo è un suo capolavoro. La sua presenza al Vieux Port è una manna per tutti noi tifosi.

La sera del trionfo allo Stade de France contro il Bordeaux, in Coppa di Lega, Didier aveva detto: "Questa vittoria è un booster incredibile. Ci deve dare ancora più fiducia e di determinazione per le ultime dieci partite che restano da giocare in campionato".

Missione compiuta, Monsieur Marseille.

UNA MARCIA TRIONFALE




L'Olympique Marseille torna sul tetto di Francia dopo quasi vent'anni. Riporto qualche articolo apparso sui giornali francesi nei giorni immediatamente seguenti alla vittoria del titolo.
Il primo articolo è il fondo de L'Equipe, a firma Fabrice Jouhaud (giovedì 6 maggio 2010).
Eccolo.

L'ultima volta che l'OM ha festeggiato, Francois Mitterand presiedeva la Repubblica ed Internet non esisteva. L'ultima volta, nel 1992, era "l'altro ieri". Un'intera generazione è cresciuta nel calcio francese chiedendosi se l'OM era un gigante addormentato, una mummia per l'eternità o un racconto per i bambini. Da ieri, ufficialmente, l'OM è tornato. Ma ieri e l'altro ieri, una volta evaporate le lacrime di gioia e levato il sole, già non contano più. L'importante è il domani. Ok, il ritorno della mummia, abbiamo capito. D'accordo, il risveglio di un gigante, va bene. Per fare in modo che non sia di nuovo una storia da raccontare ai bambini per addormentarli, Marseille dovrà esserci là dove ha costruito la sua leggenda: in Europa. E' senza dubbio un problema di mezzi finanziari ma non solo: il monte salari dell'Olympique Lyonnais è superiore di 20 milioni a quello del Bayern Monaco, finalista di Champions League. La presenza del Bordeaux nei quarti di finale, quella del Lione nelle semifinali indicano che non è solo un caso. Unico vincitore della Coppa dei Campioni, nel 1993, l'OM può legittimamente rivendicare il suo ruolo nello scacchiere continentale. E'indispensabile per il club, essenziale per la Ligue 1 e vantaggioso per un calcio la cui locomotiva, la Nazionale, si è perduta in una rete ferrata di treni fantasma.

L'editoriale di France Football (venerdì 7 maggio 2010)
Non l'ha visto. Oppure l'avrà visto dall'alto. In ogni caso, sarà molto felice. Il 4 luglio scorso, Robert Louis-Dreyfus è morto senza aver mai potuto festeggiare un titolo dell'OM. Dieci mesi più tardi, il suo club è Campione di Francia dopo aver conquistato anche la Coppa di Lega. 18 anni di delusioni cancellati in due colpi di cucchiaio. Di questi 18 anni, RLD ne ha vissuti 13. Ha speso molto, preso molti giocatori. [...] Basta ricordarsi il modo con cui aveva festeggiato la vittoria nell'Intertoto 2005, ballando in mezzo ai suoi giocatori sul prato del Vélodrome, per immaginare la gioia che avrebbe avuto mercoledì sera (5 maggio). Robert Louis-Dreyfus amava il calcio ed il suo club. Ha certamente conosciuto momenti di tristezza, specialmente all'epoca del processo dei conti dell'OM nella primavera del 2006 ma poi la passione aveva ripreso il sopravvento. Quando gli si domandava perché continuasse ad ostinarsi, lui rispondeva sempre allo stesso modo: "Voglio vincere un titolo". Ora, è cosa fatta.
Il Campione di Francia 2010 non è nato ieri sotto l'ultima pioggia del Vélodrome, affrontando il Rennes. Porta, di certo, la firma di Didier Deschamps e dei suoi giocatori ma è anche il frutto di una progressione. Se l'OM è montato sul gradino più alto del podio, è anche perché ha dato prova di grande regolarità. Nelle ultime 5 stagioni è arrivato quinto (2005), quinto (2006), secondo (2007), terzo (2008), secondo (2009). Era vicino, sulla porta, pronto a cogliere la minima apertura. Prima o poi era scritto che ce l'avrebbe fatta, a varcarla.
Poco prima della morte di Luois-Dreyfus, l'OM aveva subito l'ennesima rivoluzione di palazzo nella grande tradizione di casa. Un cambio di allenatore, Didier Deschamps per Eric Gerets seguito da un cambio di Presidente, Jean Claude Dassier per Pape Diouf [...]; questa instabilità non ha però pesato molto sulla stabilità della classifica. C'era la cultura dei risultati. Non restava che aggiungere la cultura della vittoria.
Mentre si avvicinava la sua fine, RLD aveva accolto la scelta di Pape Diouf di ingaggiare Didier Deschamps. Fu una delle sue ultime decisioni per l'OM. Si è rivelata decisiva. Come diceva uno striscione sulle tribune del Vélodrome: "Deschamps, giocatore o allenatore, ci porti felicità". I tifosi a Marsiglia non hanno sempre avuto considerazione per RLD; non misuravano bene il suo attaccamento ed i suoi investimenti. Ma mercoledì sera il suo nome è stato ben presente nello spirito di ognuno. Perché se l'OM è tornato in vetta, è anche grazie a lui.